La promessa di matrimonio (anche detta sponsali) consiste nell'impregno reciproco di prendersi come marito e moglie.
La promessa non obbliga a contrarre matrimonio poiché si è sempre liberi di decidere se addivenire o meno al futuro matrimonio.
L'istituto, regolamentato dagli artt. 79 e ss. c.c., riveste soprattutto importanza sociale ed assume rilievo giuridico, solo in presenza di determinate circostanze:
- qualora la promessa non sia rispettata da uno dei partner, senza giustificato motivo (art. 81,1°co. c.c.);
- qualora vi sia stato rifiuto a contrarre matrimonio per comportamento colpevole del proprio fidanzato (art. 81,2°co. c.c.).
È possibile inoltre, richiedere autonomamente la restituzione dei doni fatti.
Tale istanza potrà anche essere esperita congiuntamente alla richiesta di risarcimento dei danni, qualora ne sussistano i requisiti.
La promessa di matrimonio (nel linguaggio comune, il fidanzamento) è disciplinata dal codice civile agli artt. 79-81.
L'art. 79 stabilisce che "La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento".
Il carattere non vincolante della promessa di matrimonio è volto a tutelare la libertà matrimoniale.
Gli unici effetti della rottura della promessa sono:
- la restituzione dei doni fatti a causa della promessa (art. 80 c.c.);
- il risarcimento del danno (art. 81 c.c.).
La promessa del matrimonio
è disciplinata dagli artt. 79, 80 e 81 del codice civile che distingue la promessa di matrimonio semplice, che consiste sostanzialmente in una dichiarazione di volersi frequentare con l'obiettivo di sposarsi, da una promessa di matrimonio "qualificata" in quanto reciproca e trasfusa in un atto pubblico o in scrittura privata ovvero risultante dalla richiesta delle pubblicazioni.
Sia la promessa di matrimonio semplice che la promessa di matrimonio "qualificata" non obbligano a contrarre matrimonio ma, mentre la prima, in caso di inadempimento, obbliga esclusivamente alla restituzione dei doni fatti in vista del matrimonio, la seconda, in caso di inadempimento (ovvero in caso di condotta colposa determinante il rifiuto dell'altro promittente), obbliga al risarcimento dei danni per le spese fatte e per le obbligazioni contratte in vista del matrimonio, purchè naturalmente queste risultino corrispondenti alle condizioni delle parti.
La possibilità di revocare sempre la promessa di matrimonio discende dal principio di ordine pubblico della libertà di consenso matrimoniale.
Con riferimento sia all'azione di restituzione dei doni di cui all'art. 80 c.c., sia all'azione di risarcimento del danno di cui all'art. 81 c.c., esse possono essere esperite entro il termine di un anno dal giorno del rifiuto della celebrazione del matrimonio ovvero, per l'azione ex art. 80 c.c., di un anno dal giorno della morte di uno dei promittenti.
I doni da restituire come conseguenza dell'inadempimento della promessa di matrimonio sono solo quelli fatti in relazione al matrimonio e non quelli fatti per affetto (sono state considerate, ad esempio, oggetto di restituzione le somme versate per la ristrutturazione della casa).
La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che, stante il principio di ordine pubblico della libertà del consenso matrimoniale e la conseguente libera revocabilità della promessa di matrimonio, il risarcimento del danno previsto dall'art. 81 c.c. non può considerarsi come ipotesi di specie della responsabilità aquiliana di cui all'art. 2043 c.c. in quanto difetta la condotta antigiuridica. La fattispecie deve, dunque, essere ricondotta ad un'ipotesi di responsabilità da atto lecito, tant'è che le voci di danno risarcibili sono esclusivamente quelle relative alle spese ed alle obbligazioni contratte in vista del matrimonio nei limiti dell'omogeneità con le condizioni patrimoniali delle parti.